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Niente bonus psicologico. I professionisti: “la salute mentale non è riconosciuta”

Bonus per le prestazioni psicologiche non approvato e sale l’amarezza per i professionisti che denunciano da mesi l’elevata richiesta di prestazioni e l’aumento dei disagi causati dal periodo così duro e inaspettato di pandemia.

“Le richieste per un supporto psicologico sono aumentate rispetto agli anni passati, e si è avuta un’impennata già dopo circa sette mesi dalla prima chiusura – afferma la dottoressa Corvaglia, consigliera dell’Ordine degli psicologi di Puglia – i sintomi più frequenti per i quali si è cercato aiuto sono stati ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno e una leggera depressione”.

Lo stesso presidente dell’Ordine, Vincenzo Gesualdo, ha affidato la delusione, sua e dei colleghi, per il mancato riconoscimento del bonus in un comunicato nel quale si legge: “Una sconfitta che posiziona il Paese agli antipodi del diritto alla salute. C’è molta amarezza. Noi riteniamo che l’accesso alle terapie psicologiche debba essere garantito a tutti. È un servizio previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza, le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire uniformemente in tutte le Regioni. Questo dimostra ancora una volta che la salute psicologica dei cittadini, provati da un lungo periodo di emergenza sanitaria, è messa in secondo piano. Minimizzare gli effetti e i danni prodotti dalla pandemia sulla psiche umana è un errore che potrà solo peggiorare la situazione”.

E solo chi lavora a contatto con le persone si rende conto del problema. 

“A distanza di due anni dall’inizio della pandemia molti di quei casi si sono cronicizzati, con depressioni più consistenti, fobie sociali, i bambini hanno iniziato a manifestare una fobia scolare – ammette la dottoressa Corvaglia-. Ecco, adesso i più colpiti sono i giovani che ricadono nella fascia scolare”.

A subire il colpo sono poi i genitori: “In questi anni le famiglie sono state in estrema difficoltà nel riuscire a gestire rapporti ed emozioni. Se in una famiglia si riscontra una minore resilienza allora è più probabile che questo possa rappresentare un fattore predisponente per l’emergere di sintomi più importanti e profondi – continua la dottoressa -. Nascondere questo problema, non valutarlo adeguatamente, è pericoloso per tutti. Per questo è necessario trovare delle soluzioni per supportare adeguatamente le famiglie”.

L’orizzonte dei bambini nati durante la pandemia o di chi aveva iniziato ad affacciarsi al mondo, nella scuola, è fatto di mascherine e distanziamento sociale, di piccole privazioni, alla vista e al tatto, che si ripercuotono inevitabilmente nell’evoluzione emotiva.

“Il danno più grave per i bambini e gli adolescenti è che stanno crescendo con delle carenze relazionali, in isolamento sociale, buona parte del linguaggio non verbale è venuta meno e questo produce difficoltà di percepire le emozioni – spiega Laura Corvaglia, che disapprova il mancato riconoscimento del bonus per le prestazioni psicologiche, in un momento di forte crisi -. È vero che già da qualche anno si è accentuata una tendenza alle difficoltà relazionali, a causa dell’avvento della tecnologia e dei social, che attraverso lo schermo e le chat ognuno si protegge dalle emozioni scomode. Sia gli adulti che gli adolescenti hanno iniziato a non prendersi carico di quelle emozioni scomode, che però erano alla base della convivenza e che aiutano a crescere. Le difficoltà permettono la crescita, ma con i social ora si è trovato il modo per evitarle. L’avvento della pandemia, però, ha esacerbato tutto”. 

Un altro fattore che ha reso più difficile la vita ai bambini è stata la Dad, la didattica a distanza. Calata improvvisamente sulla testa dei ragazzi, ha trovato tutti impreparati. “E i danni prodotti non sono pochi -afferma Corvaglia – il cervello del bambino non è fatto per stare fermo davanti ad uno schermo per tanto tempo. Come ordine degli Psicologi insisteremo nelle sedi opportune per avere il giusto riconoscimento che meritano i pazienti, non lasceremo che la cosa cada nel dimenticatoio: dare la possibilità a ciascuno di poter prendersi cura di sé è fondamentale, è un nostro dovere pubblico. Ecco perché già da tempo ci battiamo per avere uno psicologo nelle strutture scolastiche e di renderlo accessibile anche a chi ne ha bisogno, anche agli stessi educatori”.

Il percorso per uscirne da questa situazione non sembra semplice. Ma provare a resistere è l’unica cosa possibile. E tornare a fare rete con gli affetti più cari.

Ilaria Lia

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