L’emozione di incontrare una bambina nata da una gravidanza che all’inizio poteva sembrare impossibile. La gioia della madre che l’ha portata avanti con determinazione e senza paura e che a un anno dalla nascita della figlia è tornata tra le stanze del Policlinico di Bari per ringraziare l’equipe che l’ha seguita e che è stata protagonista di un piccolo, grande, miracolo.
Una donna, affetta da una gravissima malattia rara, l’epidermolisi bollosa distrofica recessiva, nella sua forma grave, dopo aver scoperto di essere incinta, ha voluto affrontare con coraggio la gravidanza, sapendo che non sarebbe stato semplice, che potevano esserci delle complicazioni a causa della malattia stessa e che magari ci potesse essere il rischio di ereditarietà.
“La signora, proprio per la sua patologia, era già seguita dalla dottoressa Lospalluti – afferma la professoressa Antonella Vimercati -, poi alla fine dei tre mesi sono stata coinvolta per assistere la paziente durante tutto il periodo della gravidanza. Non era una situazione semplice, qualsiasi piccolo cambiamento poteva condizionare la situazione di salute della donna, ma non ci siamo tirati indietro. Abbiamo condotto un’indagine genetica che ci ha permesso di capire se anche la bambina potesse ereditare la malattia. Escluso questo, tutto il resto è stato condotto con la massima cura e con una grande tenacia da parte della signora, alla sua prima gravidanza”.
Molto spesso le donne affette da malattie rare hanno paura ad affrontare una gravidanza, per diverse ragioni. In primis perché pensano che non sia possibile, che magari il loro corpo, già colpito pesantemente non riesca a portarla a termine o che magari, inevitabilmente, il nascituro possa subirne lo stress o riportare traumi. Quando non addirittura ereditare la stessa malattia. La donna invece ha dimostrato da subito una grande motivazione nell’affrontare i nove mesi di attesa e questo ha fatto pensare che questa bambina sia stata voluta con tutto il cuore.
La malattia genetica in questione, rara e debilitante, nota anche come “sindrome dei bambini farfalla”, colpisce circa 1 bambino su 82.000 nati, rende la pelle estremamente fragile, provocando la formazione di lesioni anche a causa di frizioni o lievi traumi.
“Non sapevamo come avrebbe reagito il corpo ad un parto, perché purtroppo essendo una malattia rara non c’è molta letteratura sul caso. In Italia ci sono stati solo altri 3 casi documentati. Non ci siamo fatti prendere dal panico e abbiamo lavorato da subito con un gruppo di lavoro competente e motivato. Ecco l’eccezionalità di questo parto: non rappresenta solo un esempio di resilienza da parte della paziente – spiega la prof. Vimercati – ma anche un messaggio di speranza per tutte le persone che convivono con malattie rare, dimostrando che, con il giusto supporto medico, è possibile affrontare le difficoltà più impegnative. La gravidanza è stata gestita con una cura e un approccio multidisciplinare, che si rivelano essenziali per il trattamento di patologie complesse come l’epidermolisi bollosa”.
E il grande lavoro è stato condotto da l’equipe multidisciplinare che ha garantito l’assistenza necessaria durante tutte le fasi della gravidanza e del parto: oltre alla prof.ssa Antonella Vimercati, dell’unità operativa complessa di Ginecologia e Ostetricia, anche dalla dottottoressa Katarzyna Trojanowska, dell’unità operativa di Anestesia e Rianimazione II e dalla dottoressa Lucia Lospalluti, responsabile del centro malattie rare epidermolisi bollosa adulti dell’unità operativa di Dermatologia universitaria, diretta dalla prof. Caterina Foti.
“Ci siamo spesso interrogati su quale fosse il parto più sicuro e meno traumatico per madre e figlia – continua la prof. Vimercati –, poi si era già alla 37esima settimana, la bambina era in posizione podalica e si è optato per il cesareo. Siamo stati attenti a non tubare la signora, le abbiamo fatto un’anestesia regionale. Il parto è andato benissimo e dopo un anno abbiamo incontrato la bambina. Che è bellissima”.
In un momento in cui i medici sono sotto assedio, le belle notizie vanno celebrate. “Questa è una bella storia di coraggio da parte della signora, un esempio per tante altre, non si è lasciata scoraggiare dalla sua malattia – conclude la professoressa -. È anche una dimostrazione del buon lavoro di equipe, in ogni fase della gravidanza e durante il parto siamo riusciti a rassicurare la paziente e a fornire tutto il supporto medico”.
Ilaria Lia
Pubblicato su Quotidiano di Puglia il 28 dicembre 2024

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