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Da Bari a Sarajevo: “Qui sto bene, ma mi manca il mare”

Secondo i dati registrati dall’Aire (anagrafe italiani residenti all’estero), gli italiani in Bosnia Erzegovina nel 2017 erano 843. Si potrebbe pensare che nei prossimi anni i numeri aumentino, stando alle richieste di informazioni che fioccano sulla pagina social “Italiani in Bosnia Erzegovina”, dove molti non celano l’idea di un probabile trasferimento.

Per ragioni storiche, la maggior parte degli italiani presenti, di solito concentrati al nord e nella Republika Srpska, proviene dalle zone del Trentino e del Triveneto: nei primi del 1900, infatti, i territori in cui ora sorge la Bosnia Erzegovina erano sotto l’amministrazione austriaca, che per facilitarsi la capacità di gestione favorì l’emigrazione dai territori italiani sotto l’impero asburgico. Tutt’ora, anche per contiguità geografica, c’è una continuità con il passato. Non mancano le eccezioni, ed Eliana Gargano, originaria di Bari da 18 anni a Sarajevo, ne è la prova.

“Mi piace Sarajevo, è piccola, a misura d’uomo, ho il mio lavoro con la mia società, sono una libera imprenditrice, sto bene qua – esordisce l’imprenditrice che lavora per il gruppo Natuzzi –. Di tutta la ex Jugoslavia Sarajevo è sempre stata la città più cosmopolita e ricca culturalmente lo dimostra che ha dato i natali a diversi intellettuali o persone che poi si sono distinte nel mondo, da Goran Bregović a Emir Kusturica, per citarne alcuni anche se poi hanno voluto rivendicare l’appartenenza al ceppo di famiglia. Dopo la guerra qualcosa è cambiato. Prima i matrimoni misti erano all’ordine del giorno adesso sono diminuiti. Sarajevo conserva la sua popolazione al 17 per cento, tutto il resto proviene dai villaggi di campagna o dall’estero e mi riferisco agli investimenti degli Emirati che hanno iniziato a venire qui, comprando terreni, finanziando moschee o shopping center dove non si possono bere alcolici, cose che prima non esistevano. Era una città diversa, con una particolare l’atmosfera adesso ha perso un po’, almeno questo è quello che le persone a me più vicine fanno notare”.

Venuta in Bosnia Erzegovina per lavoro è qui che ha incontrato l’uomo che sarebbe diventato suo marito, e con il quale ha due figli.

“Un figlio di 15 e una di 10 anni e si sentono entrambi italiani. Dovevo fare semplicemente da intermediaria per il gruppo Natuzzi e invece ci sono rimasta – continua Gargano -. Qui c’erano già dei clienti e venivo per trattare con loro, poi è nato un negozio dedicato solo a Natuzzi e il gruppo ha chiamato delle esperte nel retailer, fra cui io. Gli affari sono andati bene, ho incontrato mio marito, che lavora nel settore e poi mi sono messa in proprio. Ora ci sono negozi monomarca nelle principali città dei Balcani e Natuzzi ad oggi è uno dei pochi brand che ha questa capacità. All’estero è meglio posizionato che in Italia e facciamo anche dei bei fatturati”.

“Il mio successo nel lavoro è proprio per quella che sono: italiana che gira da sola in macchina nei Balcani, che riesce a parlare la loro lingua, una donna in un mondo del mobile ancora al maschile – scherza l’imprenditrice – per loro sono un mistero. Una vera extraterrestre per alcuni clienti. All’inizio lavoravo parlando inglese, poi sposandomi, per sopravvivere alla vita quotidiana tra suocera, medico e mercato, ho dovuto imparare il bosniaco, per non rimanere fuori dal mondo. Non è stato semplice, la lingua ha le desinenze come il latino ed è complessa. Adesso la gente che mi sente parlare pensa che io sia slovena”.

Non mancano certo gli aneddoti sul come viene percepita diversa: “Tante volte mi hanno controllato l’auto da capo a fondo per vedere se trasportavo droga o altro, perché anche per la polizia è fuori dalla norma vedere una donna che viaggia sola”.

Inevitabile non fare un riferimento a quello che è successo nei Balcani, assistendo da spettatori, adesso, ad una guerra alle porte dell’Europa.

“Mia suocera ha perso il marito durante la guerra, ucciso da un cecchino – spiega –. Non c’è però risentimento, neanche in mio marito che, anzi, ha un partner serbo e ci lavora tranquillamente con tutti loro. Forse c’è più rancore nei confronti della Comunità internazionale, per come ha gestito il conflitto. La paura che possa succedere c’è, basta poco per accendere la miccia: l’altra volta non se lo aspettava nessuno. Non so però se davvero si possa verificare se chi grida all’autonomia ha le forze per farlo. La guerra ha impoverito tutti. Mia suocera non ha più ripreso a lavorare e vive con una pensione di 150 euro circa. Per lei ci siamo noi, ma c’è gente qui che non ha nessuno da cui ricevere aiuti e adesso che sono aumentati i prezzi di tutto non so come faccia a vivere. Poi ti ritrovi con un gigantesco apparato amministrativo, tutta la macchia pubblica è volutamente lenta: i posti di lavoro sono voti guadagnati e le lungaggini delle pratiche devono giustificare il numero di persone che occupano gli uffici. È la regola: ho acquistato un immobile e solo dopo tre anni ho avuto l’autorizzazione a fare la ristrutturazione. Pagando avrei accorciato i tempi”.

Spostandosi fuori dalla città ci si rende conto del vero stato del Paese. “Sembra lasciato abbandonato – continua l’imprenditrice – e anche per questo so che i miei figli andranno via appena possibile. Questo senso di provvisorietà non piace. Gli amici di mio marito sono tutti fuori”.

Qui si cresce guardando all’estero per una vita migliore, nonostante tutto Eliana Gargano al momento non rientrerebbe in Italia.

“Torno spesso in Puglia e non vedo l’ora che venga attivato il volo diretto Bari-Sarajevo. In molti mi dicono che sono stata coraggiosa: personalmente non mai avuto problemi a cambiare e ad adattarmi in nuove situazioni – spiega – però ora non tornerei in Italia, sto bene qua, il costo della vita è basso, se adesso mi spostassi non ne guadagnerei in termini economici. È vero che la burocrazia è lenta e c’è molta corruzione, ma a livello paesaggistico non deve invidiare nulla a nessuno. E poi qui c’è un livello di umanità che si sta perdendo in Italia. Una volta ho forato in un’autostrada italiana, sono stata due ore ferma senza che nessuno prestasse soccorso. Qui, invece, in cinque minuti un’automobilista mi ha dato una mano. Sono piccoli dettagli che ti fanno vedere la differenza”. Da buona barese, solo a una cosa non può rinunciare: “È vero, mi manca moltissimo il mare”.

Eliana Gargano su una pista da sci a Sarajevo

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