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Comunicare correttamente la scienza: la proposta di una Carta dei doveri

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Per scrivere di scienza o di argomenti specifici bisogna avere una preparazione e sensibilità, per evitare di divulgare notizie false, lacunose o fuorvianti, a discapito degli stessi lettori. Spinto da una riflessione sul mondo dell’informazione il Cesap, affiancato da divulgatori e scienziati, propone una serie di iniziative per coinvolgere anche l’Ordine dei giornalisti: un decalogo per una corretta comunicazione e dei corsi di formazione.

Ecco il testo della missiva:

Il particolare periodo che stiamo vivendo impone una riflessione generale sul ruolo dell’informazione e sulla capacità del giornalista di tenere fede agli obblighi deontologici sui quali si basa la sua professione. In poco tempo, la scienza ha preso il predominio dell’informazione. Se prima era relegata ad occupare solo l’1,6 per cento degli argomenti sui quotidiani[1], a partire dalla diffusione della pandemia è diventata narrazione quotidiana, e allo stesso tempo è emersa la difficoltà a spiegare e far capire ai lettori i principi e i meccanismi su cui si basa la scienza. Problema riscontrato non solo nella medicina, ma in ogni ambito scientifico, dalla psicologia alla fisica e alle scienze agrarie, per esempio.

Dietro un dato, un numero, una descrizione di un fenomeno c’è sempre un lavoro intenso di cui bisogna tener conto. Nel testo utilizzato per la formazione giornalistica si ammette la scarsa preparazione scientifica dei lettori e degli stessi giornalisti, per i quali si auspica che per scrivere di scienza debbano “prima sapere le cose e poi saperle scrivere”. La formazione giornalistica in ambito scientifico è tuttavia molto limitata e settoriale. L’aver trascurato l’approfondimento scientifico, ritenuto meno rilevante rispetto alla cultura umanistica, ha inevitabilmente prodotto il proliferarsi, spesso anche in modo strumentale per fini politici o economici, di siti, blog, canali di informazione sui social e giornali in cui sono evidenti distorsioni e notizie non verificate, quando completamente false, su vari argomenti. Mai come in questo periodo si assiste ad una diffusione incontrollata delle pseudoscienze. E spesso i giornalisti sono propagatori, inconsapevoli o meno, di notizie di dubbia provenienza.

Tutto questo comporta inevitabilmente confusione nei lettori e di conseguenza una perdita di credibilità nella categoria, ai danni di chi invece svolge questo mestiere con la massima serietà e scrupolosità.

Non è semplice parlare di scienza, ma il giornalista ha il dovere di fornire ai lettori gli strumenti per comprenderla; è del giornalista l’enorme responsabilità di raccontare la realtà e di non lasciarsi abbagliare da opinioni o personaggi che nulla ha a che fare con il rigore del metodo scientifico. Il rischio è mettere a repentaglio la vita dei cittadini.

Ecco perché è necessario dotarsi di un decalogo che possa indicare a chi divulga notizie di ogni ambito scientifico come comportarsi nel trattare i dati e quali sono le regole da rispettare per garantire correttezza e trasparenza delle informazioni.

Per questo si propone di adottare una Carta dei doveri che possa contenere i seguenti punti:

  • Tenere ben presente le fonti da consultare, che siano accreditate e accertate. Le fonti devono indicare dati e risultati, non opinioni.
  • La scienza si basa su dati, e progredisce a partire da questi, ottenuti seguendo un rigoroso metodo di verifica. Non si possono equiparare i dati convalidati a risultati parziali di esperimenti ancora in corso. Non si può dunque sviluppare un dibattito su un tema scientifico, facendo credere che ci possano essere alternative alle posizioni scientifiche.
  • Utilizzare il linguaggio appropriato e corretto è fondamentale, anche nel descrivere determinate situazioni o persone per evitare ogni sorta di ambiguità (un mago non può essere un falso mago, non vi è nessuna certificazione che ci sia una magia vera)
  • Predisporre un bollino o un tratto distintivo sugli articoli, recensioni, presentazioni di eventi o altre informazioni su temi non provati scientificamente. Troppo spesso, purtroppo, testate riconosciute ospitano articoli su rimedi naturali o pratiche che si rivelano poi pericolose per la salute fisica e mentale dei cittadini.
  • Porre attenzione a come fare sintesi delle nozioni e dichiarazioni degli specialisti. La chiarezza del messaggio e le informazioni non devono essere intaccate.
  • In ambito psicologico, parlare del fenomeno del settarismo nei modi giusti tali da non arrecare ulteriore danno alle vittime e ai loro familiari. Per questo consultare sempre gli esperti e gli specialisti.
  • Non ospitare persone vittime di culti abusanti ed esporle come fenomeno da baraccone per ogni occasione, solo per fare share. Sono persone che hanno subito delle umiliazioni, se non delle violenze e ne continuano a subire le conseguenze. Hanno bisogno di maggiore rispetto e sensibilità.
  • Citare chiaramente le fonti negli articoli o nelle interviste in cui si presentano teorizzazioni.
  • Inserire nei vari corsi di formazione, validi per il riconoscimento dei crediti, anche sessioni obbligatorie di preparazione scientifica.

La lettera che sta avendo seguito negli ambienti di divulgazione scientifica attualmente è stata sottoscritta da: Pellegrino Conte, docente di Chimica Agraria nell’Università degli studi di Palermo; Luigi Garlaschelli chimico e divulgatore scientifico; Erica Repaci biologa, divulgatrice scientifica; Silvano Fuso docente di chimica e divulgatore scientifico; Armando De Vincentiis psicologo clinico e direttore scientifico di Scientia et Causa per la C1VEdizioni; Marco Cappadonia Mastrolorenzi, semiologo e divulgatore; Immacolata Giuliani, criminologa. Firmano anche le associazioni: Associazione Progetto Psicologia; Forum Lex – professionisti in rete; Favis, associazione familiari delle vittime delle sette; Avis associazione italiana vittime delle sette.


[1] Così come riportato nel testo La professione del giornalista a cura di Michele Partipilo e Stefano Natoli, edito dal Centro di Documentazione giornalistica

Ilaria Lia

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