Attualità

Narcisisti e vittime, due lati della stessa medaglia. Parla l’esperto.

Intervista al dott. Luigi Corvaglia, esperto di manipolazione e culti abusanti

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione verso il disturbo narcisistico di personalità e soprattutto verso le relazioni amorose con un narcisista. Lo confermano le diverse pubblicazioni riguardo l’argomento, i gruppi sui social in cui le vittime parlano delle proprie esperienze, e anche le varie serie tv che raccontano bene le dinamiche relazionali, sempre molto dolorose.

Stesse dinamiche che poi si riscontrano anche tra leader di culti e adepti, il principale campo di studio di Luigi Corvaglia, esperto di manipolazione e di culti abusanti, che ha affrontato l’argomento anche in uno dei suoi ultimi lavori, pubblicato sul sito della Società italiana di Intelligence (qui la pubblicazione).

Dottor Corvaglia, nella sua pubblicazione ha presentato tre livelli di narcisismo, mentre per le vittime ha affermato che non ci sono profili specifici, tutti potrebbero esserlo.

Chi sono i narcisisti e le vittime?

Si usa definire “narcisisti” quelli che Otto Kernberg definì “narcisisti maligni”. Infatti, esiste anche un narcisismo funzionale, perché una quota di amore per sé è fondamentale per l’equilibrio psicologico e per il successo sociale. È ovviamente una questione di grado. Quando, andando verso l’estremo dell’amore per sé si passa dall’egocentrismo all’egoismo, siamo nei pressi del cosiddetto “manipolatore perverso”.  Questi non si limita a presentare una ipertrofia dell’Io e considerarsi superiore e degno di ammirazione. Egli è spesso un maestro dell’inganno affettivo. La vittima è quindi non è quindi incidentale, ma necessaria per l’esplicarsi del narcisismo maligno. Generalmente le vittime dei narcisisti patologici sono persone dipendenti, spesso con bassa autostima, che necessitano di approvazione, spaventate dalla solitudine e, quindi, in grado di tollerare di tutto pur di sentirsi amate. Questo le rende vittime perfette del manipolatore.  Si tratta quindi di un balletto perverso in cui la vittima partecipa alla violenza che subisce.

Quando si manifesta il disturbo narcisistico di personalità?

Non parlerei di disturbo narcisistico di personalità, perché questa definizione nei vari DSM (manuali diagnostici delle malattie mentali) definisce strutturazioni caratterizzate da sé grandioso, arroganza e stile relazionale opportunista e cinico. Quello che comunemente si definisce narcisista è più rispondente alla categoria della “psicopatia” che, nell’ultimo manuale è uno specificatore del “Disturbo antisociale di personalità” (cioè, la diagnosi sarà disturbo antisociale con tratti psicopatici). Qui ritroviamo la totale mancanza di empatia e di senso di colpa, la tendenza alla manipolazione, al controllo ed allo sfruttamento. Ad ogni modo, queste categorie sono superabili se consideriamo che un recente studio ha valutato la presenza di 9 tratti oscuri della personalità (egoismo, machiavellismo, disimpegno morale, narcisismo, superiorità psicologica, psicopatia, sadismo, self-interest, malignità) riuniti sotto la denominazione di “fattore D”. Che quindi prevalga la psicopatia, il narcisismo o il sadismo, si tratta comunque di espressioni diverse della stessa tendenza. Ciò detto, questo fattore D sembra manifestarsi già in età scolare, per ciò che riguarda gli aspetti di mancanza di empatia e sadismo, in età lievemente più matura per ciò che riguarda il machiavellismo (la tendenza alla diabolica pianificazione).

Il narcisista ha in comune con la vittima la necessità di colmare un vuoto affettivo e di reclamare attenzioni. Possiamo parlare, quindi, di dipendenza, che spinge sia vittime che narcisisti ad agire inconsapevolmente nel soddisfare un bisogno?

Si. Uno non esiste senza l’altro e ognuno colma il bisogno dell’altro. In vittimologia si parla di “attrattività” della vittima per uno specifico sotto-gruppo di criminali, ma esiste anche attrattività del manipolatore per alcune specifiche persone. Si pensi alle “sette”.  In tal senso ho parlato di balletto perverso.

Potremmo, inoltre, pensare a narcisisti e vittime come facce della stessa medaglia, aspetti che vengono allo scoperto allo stesso modo, magari dopo un trauma, ma che si manifestano, appunto, in modo diverso, attivamente per il narcisista e passivamente per la vittima?

Non parlerei di trauma. Questa idea nasce dal concetto freudiano di “ferita narcisistica” che, nella teoria avrebbe portato il bambino, futuro narcisista, a sviluppare l’ipertrofia di sé per sfuggire alla vergogna. I dati sperimentali, invece, dicono altro. Ad esempio, sembra che siano più narcisisti i bambini iperprotetti e non avvezzi alla frustrazione. Per ciò che riguarda gli aspetti più psicopatici, cioè legati alla mancanza di rimorso e freddezza emotiva, non pochi dati portano a valutare l’importanza della genetica. Vero, invece, che i bisogni congruenti di manipolatore e manipolato sono manifestazioni diverse del medesimo bisogno di riconoscimento. Karl Krauss diceva che il rapporto fra psichiatri e pazienti era quello di una follia concava con una convessa. Ecco, qui possiamo parlare di bisogni concavi e convessi. Attenzione, però, a non cadere nella deresponsabilizzazione del manipolatore perverso. La differenza fra la condizione manipolatoria e un rapporto sado-masochistico è che in quest’ultimo caso esiste una esplicita e consapevole consensualità, mentre nella manipolazione il potere dell’individuo up è subdolo e malevolo.

I figli di narcisisti cosa ereditano dai genitori?

Un modello narcisistico. Può egli stesso divenire narcisista o, invece, diventare una persona disposta a sopportare e pronta al sacrificio pur di avere delle briciole di affetto.

Si indugia sulle colpe del narcisista e si indaga poco sulle cause. Per le vittime ci sono decine di libri che indicano percorsi di recupero, ma nessuno o pochi presentano un percorso per i narcisisti. Non è compito della psicologia far stare bene tutti? Quanto guariscono le vittime da un abuso?

Le cause, come abbiamo detto, sono molteplici e discusse. Quanto al recupero, l’insormontabile ostacolo è che, mentre la vittima ad un certo punto diventa cosciente di esserlo e, quindi, di avere un problema, il narcisista malevolo è sempre stato consapevole del proprio ruolo e non lo ha mai visto come un problema. La vittima, allora, si mette in gioco, il carnefice non ne ha motivo. Per questo motivo, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che può essere efficace nel trattare un disturbo narcisistico di personalità, inducendo il soggetto alla comprensione delle ragioni e della natura del proprio comportamento, diventa sempre meno effettiva andando verso la prevalenza dei tratti anaffettivi e sadici.

Il dottor Luigi Corvaglia

Lascia una risposta