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Con il Covid a farne le spese sono anche le relazioni sociali

La “Società irrazionale” fotografata nell’ultimo rapporto Censis, con le percentuali di chi propende verso un racconto della realtà basato su teorie illogiche, nascondono qualcosa di più insidioso e drammatico. Dietro tutti quei numeri ci sono persone e relazioni. Ci sono amici che hanno improvvisamente chiuso i rapporti, familiari che non si parlano più, genitori separati che hanno idee diverse sulla cura dei figli. Quei numeri celano le insidie della radicalizzazione del discorso: diventa difficile avere un dialogo sereno e, cosa ancora più pericolosa, il comportamento adottato sui social sta prendendo il sopravvento sulla vita reale. Bloccare gli utenti che la pensano diversamente, facendoli sparire dalla vista, nella vita reale si traduce in un allontanamento inevitabile. E le riappacificazioni diventano sempre più difficili.

“Da quando è iniziata la pandemia ho smesso di frequentare un mio amico di vecchia data – confida Francesco L. – appena ho letto i primi post ho capito in che modo la pensa su quello che sta succedendo e ho preferito chiudere piuttosto che parlare. Ora ci limitiamo a salutarci per strada, niente di più”.

Questa divisione crea disagi anche sugli ambienti di lavoro. “Sì, ho allontanato delle persone che si sono dichiarate novax – afferma una tecnica di laboratorio -. Per motivi di lavoro mi trovo spesso a contatto con loro, specie quando vengono a fare i tamponi, spesso non reputati efficaci. Sono anni che lavoro in laboratorio, non ho mai trovato la stessa presunzione di conoscenza in altri contesti: le loro motivazioni contro i vaccini, prese da vari siti, sono più forti delle mie competenze”.

Simile l’esperienza di S. L., una dentista: “Mi guardano come se fossi una demente, ti insegnano principi di medicina persone che non sanno neanche dove si trova la milza – dice – io trovo tutto questo intollerabile e metto subito le distanze. Ognuno si crede depositario della verità e credono ai video fatti da personaggi farlocchi, che diventano subito virali”.

Nelle famiglie la situazione non cambia. Anche lì i rapporti si sono deteriorati. E ad avere la peggio sono, come al solito, i figli minorenni delle coppie separate, divisi tra chi è favorevole o contrario alla vaccinazione.  

“Una mia amica a cui ho fatto tanto bene ha iniziato a sparlare di me alle mie spalle, per le mie posizioni, dal giorno in cui sosteneva che c’era un elicottero sopra casa sua per controllarla se usciva con il covid -continua Anna-. Questa pandemia ha alzato davvero le barriere fra le persone. Conosco solo una persona, medico, che è cambiata completamente dopo essere stata trasferita di reparto in ospedale: ora non ammette di essere stata novax”.

La paura verso l’ignoto, propria degli umani, viene esorcizzata con il desiderio di controllo, di capire e darsi una spiegazione a ciò che succede intorno: non soddisfatti dal racconto ufficiale, sono tanti coloro i quali propendono verso ricostruzioni irrazionali, funzionali per loro alla semplificazione della realtà e per placare l’ansia generata dall’eccezionalità degli eventi. Paradossalmente diventa più plausibile (e rassicurante) pensare che ci siano trame ordite contro l’umanità piuttosto che dare fiducia alla comunità scientifica.

E dall’inizio della pandemia i racconti surreali si sprecano: “Nei vaccini c’è il microchip”, “La campagna vaccinale sperimentale produce danni al sistema immunitario dei vaccinati”, “I vaccini causano danni permanenti negli organi critici dei bambini, al cervello, al sistema nervoso, al cuore e al sistema riproduttivo”, giusto per citarne alcuni.

La psicologia cognitiva spiega questa propensione introducendo il termine bias, che sono dei costrutti, delle inclinazioni personali, attraverso cui il cervello umano analizza la realtà, distorcendone alcuni tratti. Questi entrano in gioco nel momento in cui bisogna prendere decisioni e permettono di interpretare ciò che circonda con le informazioni che si possiedono. Le teorie complottistiche ci sono sempre state, ma ad alimentare il fuoco della pseudoscienza c’è la rete, dove proliferano siti e canali di disinformazione. Solo su Telegram si possono contare diversi canali, giusto per citarne alcuni: Terra piatta, Buffonate di Stato, The storm-q17, Giubbe rosse, Il profeta dei complottisti, I rettiliani esistono e controllano il mondo, Libera espressione, Veleno Q. B. Italia channel, Amore verità libertà, DataBase Italia, Qanon Italia (original), Comunicazione e manipolazione, Comicost channel, My Little crocodile per aspera sic itur ad astra, Non chiamateci complottisti.

In questa nuova e particolare fase anche il debunking, ovvero l’opera di decostruzione di complotti e narrazioni pseudoscientifiche, a volte è poco incisiva, ma è l’unica strada percorribile per combattere la diffusione di teorie irrazionali. I mezzi d’informazione hanno un’enorme responsabilità nel diffondere notizie corrette e non creare allarmismo. I giornalisti dovrebbero attenersi alle regole deontologiche e non spettacolarizzare notizie ed eventi. E per quanto riguarda le relazioni interpersonali l’unica strada è il dialogo, la comprensione dei diversi punti di vista e dei perché le persone abbracciano le teorie del complotto, bisogna evitare di incasellare ciascuno nelle strette categorie no o pro vax. Il compito è arduo bisogna avere pazienza e essere pronti anche al fallimento: il cospirazionismo totalizza il pensiero delle persone. Come suggerisce lo psicologo Jovan Byford, autore sul sito The Conversation delle sei “regole d’ingaggio”, che è controproducente o inutile provare a “convertire” un complottista, ma è necessario “seminare dubbi sulla teoria cui aderisce, lasciando che sia eventualmente lui (o lei) a metterla in discussione”.[1]

Ilaria Lia


[1] https://theconversation.com/ive-been-talking-to-conspiracy-theorists-for-20-years-here-are-my-six-rules-of-engagement-143132

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