Cultura

Alfredo C. e la storia degli italiani trattenuti in Albania

La_macchina_delle_immagini

Alfredo C., protagonista dell’ultimo film “La macchina delle immagini di Alfredo C.” del regista Roland Sejko, è un personaggio realmente esistito. Alfredo Cecchetti era un cineoperatore al seguito del Duce e con la sua cinepresa lo ha immortalato nelle tante manifestazioni pubbliche, nelle parate militari, durante i discorsi in piazza Venezia. Poi, quasi fosse una promozione, è arrivata la proposta di seguire lo sbarco e l’invasione fascista in Albania. Una nuova avventura di cui andare fiero, da operatore embedded, si sarebbe detto a distanza di decenni. Anche lì ha continuato con dedizione a riprendere la progressiva fascistizzazione di tutta la popolazione, le grandi opere, le scritte inneggianti il duce.

L’imprevisto si è palesato con l’armistizio italiano, l’8 settembre del ’43. Centinaia di italiani, arrivati in Albania nel corso degli anni, si sono ritrovati improvvisamente soli, senza nessuna indicazione, su cosa fare e come, dal governo italiano.

La storia di Alfredo C. diventa nel film l’emblema di tutti i connazionali intrappolati in una terra che li ha resi immediatamente invisibili, quando non addirittura nemici. Ad Alfredo è stata offerta una nuova opportunità: seguire l’ascesa del Comandante, Enver Hoxha. A parte una piccola differenza – al comandante non dispiaceva essere ripreso di spalle, al contrario del duce – la sostanza è sempre quella, per Alfredo non è cambiato nulla del suo lavoro, come a voler sottolineare che tutte le dittature hanno bisogno di una narrazione uguale: la propaganda dell’educazione dei bambini, parate maestose, discorsi dalle tribune, folle ingenti ai piedi e applausi scroscianti. Di sottofondo, però, a rendere più inquietante e dura la vicenda, ci sono le vite appese ad un filo degli italiani e i loro destini. Spesso crudeli.

Il film di Sejko, dopo essere stato proiettato per la prima volta a Venezia, è approdato anche a Lecce, nella sezione “Cinema e realtà” del Festival del Cinema Europeo (dove ha vinto il premio “Rotary Club Lecce”), continuerà a girare per le varie manifestazioni cinematografiche, in Italia e in Europa, portando in ogni sala la bellezza delle immagini originali, il peso di una storia ancora poco conosciuta, l’assurdità della dittatura e della guerra, ben presente negli sguardi dei soldati incrociati.

Una storia nata per caso, come ha dichiarato il regista, dopo aver incrociato la richiesta di rimpatrio di Alfredo Cecchetti tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania. Da questo Sejko ha trovato lo spunto per ripercorrere le vite degli italiani in Albania, ridando il giusto valore e peso all’immenso patrimonio video degli archivi, di inestimabile valore e fonti imprescindibili per poter studiare il passato e capire anche il presente. E con la sua delicatezza, nella ricostruzione del racconto che alterna riprese di finzione e di repertorio, è riuscito a donare una nota artistica anche a una pagina nera tra due nazioni, Italia e Albania, legate da sempre da un rapporto unico.

Ilaria Lia

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