La Puglia si conferma uno dei motori del turismo italiano: il comparto rappresenta un asset strategico per l’economia regionale, sostenuto da indicatori in costante crescita. Il settore genera il 14,8% della ricchezza prodotta in Puglia e comprende oltre 31 mila imprese, con 132,7 mila addetti.
I dati provengono da un’elaborazione Eures Ricerche Economiche e Sociali su dati Istat, per la UilTuCS nazionale che ha organizzato a Bari il convegno “Le vite che contano. Valorizzare la persona, sviluppare il territorio: lavoro di qualità e turismo sostenibile”. Durante la presentazione è emerso che le imprese turistiche (alloggio, ristorazione, agenzie di viaggio, tour operator, ecc.) hanno avuto una crescita dell’11,1 per cento tra il 2019 e il 2025 (settembre) e del 2,6 per cento negli ultimi tre trimestri, in controtendenza rispetto all’andamento del complesso delle imprese regionali. Le imprese turistiche in Puglia rappresentano l’8,9 per cento del totale della regione e il 17,3 per cento di quelle dei servizi. Crescono le attività di alloggio (+50,1 per cento negli ultimi 5 anni, passando da 3.927 a 5.895), le agenzie di viaggio e tour operator (+22 per cento) ed anche delle attività di ristorazione (+3,2 per cento) che, con 22,8 mila imprese nel 2025, costituiscono la divisione ampiamente maggioritaria del comparto turistico (73 per cento del totale). A seguito di questi dati è inevitabile la crescita del numero dei lavoratori dipendenti del turismo, che nel 2024 raggiungono 132,7 mila unità, pari al 14,8 per cento del totale dei lavoratori dipendenti del settore privato.
“I dati che registriamo sono di un settore in forte crescita – afferma il segretario generale della Uil Puglia, Stefano Frontini – ma la ricchezza non viene ripartita tra i lavoratori. I contratti che vengono somministrati non consentono di superare la soglia di povertà. È una contraddizione che deve essere superata e bisogna farlo tutti insieme”.
Più grande è la luce, più grande è l’ombra e in questo scenario ad avere la peggio sono proprio i lavoratori nel settore. E su questo punto il sindacato punta il dito e chiede alla politica di fare la propria parte.
“Il turismo nasconde una realtà fatta spesso di lavoro precario, stagionale, a termine, in poche parole di lavoro povero – afferma Gabriele Fiorino, segretario nazionale UilTuCS – perché una parte significativa, la metà dei rapporti di lavoro sono a part-time e come sindacato abbiamo il problema di migliorare le condizioni di lavoro delle persone nel settore turistico. Ci sono tanti fenomeni che incidono negativamente, come il lavoro o grigio o il lavoro nero, fenomeni che vanno contrastati con l’aiuto delle istituzioni. Noi abbiamo alcuni esempi comparativi in Europa che indicano come sia necessario incidere sugli assetti contrattuali attraverso rafforzamento della contrattazione, per rendere più stabile il lavoro e per incrementare le ore minime dei lavoratori, per garantire loro un reddito maggiore”.
Secondo i dati presentati, in Puglia, l’incidenza dei lavoratori con un contratto “atipico” (a termine, stagionale, intermittente, ecc.) ha raggiunto nel 2024 il 64,6 per cento dei contratti totali, contro un 33,4 per cento di contratti stabili, cioè a tempo indeterminato. Il part time viene somministrato in modo incontrollato e nella maggioranza dei casi “involontario, cioè imposto dall’impresa”, raggiungendo il 70 per cento dei contratti, contro appena il 30 per cento dei contratti a tempo pieno. Bassi anche i livelli retributivi: per i lavoratori del turismo in Puglia ammontano in media nel 2024 ad appena 8.384 euro lordi annui, pari al 45,8 per cento della retribuzione media dei lavoratori dipendenti del settore privato della regione (18.299 euro). In tutto questo la condizione femminile e quella degli under 35 è tra le peggiori.
“L’interlocuzione con il Governo è complicata, il giudizio negativo – continua il segretario nazionale -. Ci aspettiamo che intervenga per contrastare il fenomeno del dumping contrattuale, che è uno degli altri problemi del settore, cioè la presenza oltre al lavoro nero e grigio, di imprese che applicano dei contratti sottoscritte con organizzazioni datoriali sindacali non maggiormente rappresentative, all’interno delle quali si trovano poi condizioni di lavoro più basse rispetto a quella determinate dai contratti leader”. Il rischio è perdere forza lavoro, tra chi non vuole più lavorare nel settore o tra chi sceglie di andare all’estero dove è più valorizzato e qualificato.
Tra i relatori principali anche Francesco Caizzi, Vice Presidente Nazionale Federalberghi e presidente i Federalberghi Puglia, che non esita a dire che “La politica dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie scelte”. Troppo il dislivello tra locazioni turistiche circa 54mila, che non generano occupazione e i soli 600 alberghi che non riescono a recuperare la manodopera disponibile. “Dai 14 istituti alberghieri pugliesi si diplomano circa 1500 ragazzi ogni anno che faticano a trovare lavoro – dice Caizzi -. A tutto questo si aggiunge il problema della stagionalità. Insieme a Marco Dell’Anna (segretario generale della categoria che tutela i lavoratori del turismo, del commercio e dei servizi) abbiamo proposto una norma che aiutasse le imprese ad assumere un mese prima e un mese dopo la stagione, così da garantire ai ragazzi almeno otto mesi di lavoro. In questo modo avrebbero poi maturato quattro mesi di Naspi (pari al 50 per cento del lavoro svolto), coprendo l’anno intero e senza la necessità di andare a lavorare fuori regione. Ma la politica non ha dato seguito”.
“Eppure altre regioni in Italia lo hanno realizzato, come ad esempio in Liguria – commenta Caizzi -. Perché noi, che siamo una regione turistica e produciamo valore aggiunto, non possiamo farlo? Serve volontà. È facile voltarsi dall’altra parte e fingere di non vedere”.
28 Novembre 2025
Ilaria Lia

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